logo

logo | motorsport photo & video team |

Commissari di gara, un esame di coscienza

Gli eventi occorsi ieri in occasione di una manifestazione sportiva legata alle supermoto ci hanno suggerito importanti spunti di riflessione riguardo la categoria dei commissari di gara. Durante la manifestazione, senza un particolare fatto o incidente che giustifichi tale rigidità, fotografi e videomaker vengono interdetti da ogni punto della pista, portandomi addirittura ad un cattivo faccia a faccia con uno dei commissari, ed obbligando i suddetti fotografi ad abbandonare la pista per l’evidente impossibilità di svolgere un lavoro soddisfacente. Quando sono otto i fotografi, con una certa esperienza aggiungerei, costretti ad abbandonare il proprio lavoro ci viene da pensare che forse non è colpa degli operatori ma delle manie di protagonismo dei commissari di gara… Ma il loro compito non dovrebbe essere quello di preoccuparsi in primis della sicurezza dei piloti in pista? Capita invece di osservare, sempre più regolarmente, mashal più preoccupati di gestire la posizione degli operatori mediatici all’interno della pista che di segnalare i vari pericoli ai piloti che stanno partecipando alla competizione.
Ci sono commissari di gara, improvvisati o presunti tali, che non hanno nemmeno idea di dovere sventolare bandiera gialla in presenza di una caduta, oppure che smettono di sventolarla dopo un breve lasso di tempo senza sincerarsi che il malcapitato pilota sia in sicurezza e che la pista sia sgombra; marshal che non si accorgono nemmeno di una caduta (perché impegnati ad osservare noi), e marshal che accorrono in massa a soccorrere il pilota e recuperare il mezzo, senza nessuno che si fermi ad esporre bandiera gialla. Poi ci sono anche i marshal estremisti, quelli che gridano “al lupo!”, sventolando bandiera gialla per ogni sciocchezza; tant’è che il pilota, all’ennesima volta che se la vede sventolare in faccia per nulla, la ignora, magari propio quella volta che è veramente successo qualcosa di rilevante. Non dimentichiamoci poi della presenza degli addetti alla pista che, esclusivamente nei circuiti cittadini, per far rallentare i piloti pensando di minimizzare le possibilità di un eventuale incidente o una scivolata dovuti ad una staccata eseguita ad alta velocità, escogitano i peggiori stratagemmi con l’utilizzo di balle di fieno e new jersey, ignorando la creazione di un pericolo ancora maggiore per l’incolumità del centauro.
E poi succedono gli incidenti, quelli gravi ed irreparabili.
Ma i marshal, quando si tratta di dare noia a noi fotografi, sono tutti professionisti qualificati; loro, in queste occasioni, si immedesimano piloti e diventano scienziati del disastro: ti sanno descrivere esattamente, e in maniera decisamente surreale, come una moto o un auto potrebbe raggiungerti anche se sei fuori traiettoria, all’interno curva o dietro ad un guard rail. Spesso, pur di farti spostare, ti indicano postazioni senza ragionare, postazioni in cui noi non ci sentiamo per nulla al sicuro.
“Cari” commissari, vogliamo svelarvi qualche segreto. I piloti ci vedono in pista, e molto spesso ci cercano per regalarci un bel momento da immortalare. Abbiamo esperienza, non entriamo in pista per vagabondare. Siamo i primi a voler tornare a casa sulle nostre gambe a fine gara, preferiamo l’incolumità allo scatto perfetto seguito da ruota sui denti. Siamo i primi a non volere creare intralci alla competizione, in quanto traiamo un inqualificabile guadagno da un regolare svolgimento di giornata. Non vedeteci come degli esseri malefici che creano danni, perché senza il nostro lavoro le competizioni cui anche a voi fa piacere assistere resterebbero isolate, non seguite e spente.
Potrebbero sembrare cose assurde per un lettore esterno al settore, ma quello che vi abbiamo raccontato sono tutte esperienze vissute sulla nostra pelle e viste con i nostri occhi, e siamo sicuri che anche i nostri colleghi possano darvi conferma di ciò.
Vogliamo concludere rassicurando e ringraziando gli organizzatori dell’evento che ci ha ispirato questo articolo: ragazzi e piloti di ALR siete stati gentilissimi nel comprendere il nostro disagio ed a supportarci contro il sopruso subito, non vogliamo assolutamente attribuire ne a voi ne al vostro splendido evento la colpa di quanto successo.
Porgiamo i più cordiali saluti ai veri Marshal e Commissari di gara; quelli attenti, competenti, appassionati e simpatici, che abbiamo incontrato nella nostra attività e con cui abbiamo anche condiviso momenti piacevoli, ma che prima di tutto e nell’interesse di tutti ci hanno aiutato a svolgere il nostro lavoro in piena tranquillità e sicurezza.

Mirko, Motardica

 

View Comments (0)

Close Post

RALLYLEGEND 2015

“Vuoi amare quel che non hai, solo perché non riesci ad amare ciò che hai.”
Una verità della vita.
Come non essere grati, nonostante le poche ore di sonno che basta una mano per contarle, nonostante la pioggia, a quella mattina di qualche giorno fa?

10 ottobre 2015, 6.10 circa.
Perex mi aspetta sotto casa, sono in ritardo. Tra i mille impegni della nostra troppo complicata vita, i mesi sono volati e il giorno della partenza è arrivato, si va a San Marino. Non ricordo nemmeno quando balenò per la prima volta l’idea. Sta di fatto che ora ci siamo, siamo in viaggio. Si passa da Mirko, poi da Simo, ed eccoci qua. Carichi non si sa quanto, certamente troppo asciutti per non essere delle ottime spugne, e lo sappiamo. Di rinviare non si è neanche parlato; forse inconsciamente nella testa di ognuno è risuonato l’eco di un nonsimollauncazzo quando per la prima volta si è discusso delle condizioni meteo. Tra minchiate mattutine e buona musica il viaggio non dura tanto: prima tappa, Rimini. Ci registriamo in albergo (che prezzacci a ottobre!), ci facciamo riconoscere (“siete qui per il Rally?”), molliamo giù il superfluo e indossiamo la tenuta da combattimento. Non nego che per tutti noi le condizioni che si prospettavano rendevano questa prima giornata un vero e proprio battesimo del fuoco. In confronto le altre uscite in pista o Prova Speciale sono state un cappuccino e cornetto. In un’ora siamo appostati. Ci intrufoliamo da una vietta laterale che scoviamo con l’ausilio di tutta la potenza di calcolo dell’ iPhone 7 che abbiamo in dotazione ed eccoci sul tracciato. Posizione non male, una ventina di infreddoliti spettatori sparsi su cento metri. Montiamo il Quartier Generale (tatticissimo ombrellone da mare) e aspettiamo. I sacchetti per proteggere le macchine sono pronti, ma la praticità lascia molto a desiderare… Iniziamo a sentire il rombo, in lontananza. Non arrivano, dieci, venti minuti.
Poi finalmente eccole!
Che emozione, il RALLYLEGEND. Eppure non c’è tempo per questi pensieri, le auto corrono velocissime, pochi attimi per ognuna.

Lancia, Ford, Audi, Skoda, Lada, Peugeot, Citroen, Fiat, Porsche, Volkswagen, Bmw, Mini, Alfa Romeo… Glorie vecchie e nuove, un museo a 100 km orari.
Ci si sposta, si fa quel che si può per proteggere l’attrezzatura, per non gelarsi le mani, per tenere insieme le ginocchia. Fortuna che non troviamo Commissari eccessivamente apprensivi! (ma arriveranno, oh si…)
Personalmente il momento di maggiore emozione e trasporto coincide con… La prima Stratos. Affacciato da un muretto, accovacciato in uscita di curva, me ne stavo protetto dalla staccionata di una casa; “arriva una macchina” penso, pronti via occhio nel mirino, una Stratos bianca, vai con la raffica! Uno due tre scatti, si avvicina, mi passa accanto, a non più di un metro, e nell’istante preciso in cui mi sorpassa, IL BOATO. Un fracasso mai sentito, mi sono spaventato! Sono saltato a lato quasi finendo chiappe a terra! Roba da non credere… Mi sono spaventato come fosse che non sapevo mi avrebbero urlato nell’orecchio, eppure lo sapevo eccome, la vedevo arrivare! Che emozione, e l’esperienza si è ripetuta ancora un paio di volte, come se fosse che non c’era modo di abituarcisi! Che razza di creazione quell’auto…

Dopo un’ora e mezza l’aria inizia a farsi tesa, siamo stanchi, io ritorno al QG e ci trovo un Perex quasi tremante (sveglio da quasi 36 ore), un Simo divertito forse dalla situazione, ma anche lui abbastanza provato dall’acqua. Mirko è irriducibile, fino all’ultimo appostato sotto gli alberi a bordo asfalto con l’ombrello incastrato tra i rami, un’ottima postazione!
Rientriamo in albergo bagnati da sbatter via. Una bella doccia, e un momento di convivialità per riscaldarsi, poi subito a cena!
La sera l’ora tarda si fa sentire e nel mentre si cerca di programmare il giorno successivo:

11 ottobre, 7.45 – Tic, tac, tic, ultimo tac, e la pacchia è finita. Figa…

 

Ci trasciniamo da basso, per la colazione. La giornata si prospetta migliore, c’è qualche speranza per il meteo!
L’avvicinamento al tracciato stamattina richiede più impegno, al primo tentativo veniamo fermati da un bell’imbusto poco simpatico che cerca di sfilarci dieci euro a cranio per entrare. Mmm… Con qualche tentennamento, DIETROFRONT! Si si si… Le finanze già così piangono!
Qualche sgasata e bestemmia più tardi stiamo parcheggiando la nostra vettura aziendale (una “Sord Fierra”, nome come vien facile capire coniato in seguito ai deliri mentali causati dalla giornata precedente) a due passi dal percorso. Passiamo per una boscaglia scoscesa – per la gioia di Mirko che tiene un ginocchio da operare – ed eccoci! Siamo presi un po’ alla sprovvista dalla figura alla Mr.Bean che stavamo facendo, in quanto ci siamo ritrovati nel bel mezzo di un rettilineo, con due gruppi di spettatori che ci scrutavano da una parte e dall’altra. Ma in questi casi è la faccia tosta ignorante che conta, quindi via senza timore chè siamo qui per scattare no? Mi prendo coraggio con Perex e andiamo; ci piazziamo, e la curva è buona. La location promette qualche risultato.

Il rumore dell’otturatore scandisce gli attimi, intervallati ad altri molto più lunghi momenti di silenzio e attesa… Pioggia poca. In compenso l’ilarità umana ha ancora modo di mostrarsi in tutta la sua varietà. A pochi minuti dall’inizio, uno degli spettatori – che verrà definito da qualcuno, non a torto dico io, “UN COGLIONE” – decide volontariamente di sacrificare la sua videocamera con tanto di treppiede al primo pilota dalla sterzata decisa, posizionandola in interno curva a pochi centimetri dalla traiettoria abituale delle ruote. Abituale ho detto, infatti non abbiamo aspettato molto per lo scontato verdetto.
Poco dopo mi ritrovo a essere fischiato da un Commissario che abbandonata la sua postazione per venire a smaronarmi mentre me ne sto tranquillo riparato dietro un palo, aspettando la prossima vettura. Lo guardo incredulo, ma è possibile? Come mai ci potrebbe finire qui una macchina?! “È zona pericolosa”. Mi giro – perché questo è il colmo, stavo a due metri di numero dal Commissario della postazione di questa curva – che mi guarda e mi dice “lascialo stare quello” visibilmente infastidito anche lui da un simile eccesso. Allegria!
Le ore passano e gli scatti si accumulano, e dopo aver girato un bel po’ (con Mirko siamo anche andati a vedere di persona l’incidente che a un quarto d’ora di cammino dalla nostra posizione ha costretto a interrompere la prova) la giornata volge al termine. La creatività si esaurisce, e a breve, anche le vetture. Passa l’ultima, e già i Commissari si attivano, “è finita” si sbracciano…
Wow… È finita.

È passato tutto così in fretta, veloce come le auto. Quasi sembra strano pensare di doversene andare. Anche se neanche ci siamo ambientati 😀
Sulla via del ritorno le cazzate scorrono un po’ meno copiose che all’andata, ma va bene così…
Felici, provati, anche se non del tutto soddisfatti, beati al pensiero della cena di mezzanotte, ce ne torniamo a casa.
Nella speranza di avervi almeno un po’ reso partecipi di questa nostra esperienza, vi saluto anche io, alla prossima!

Robin, Motardica

 

View Comments (0)

Close Post

Prima notte nei box

Inizia così, un po’ per caso, un po’ per il concatenarsi degli eventi, con un “perchè no?” un’esperienza nel paddock di Modena, durante il terzo round del MotoEstate.
Il Team che mi ha prelevato per tre giorni dalla vita di studente universitario da sessione estiva è il GIMOTORSPORT di Garbagnate Milanese, conosciuto per caso durante un’importante manifestazione di MV Agusta.
Fino a quel momento avevo solcato l’asfalto di una pista solo in veste di fotografo mentre per quei giorni sarei stato (anche) in veste di membro del Team. Figata.. credo che chiunque abbia un po’ di benzina nelle vene sia abbastanza attirato da una esperienza del genere.

 

Il primo giorno, dopo aver allestito praticamente un ristorante da 50 posti e tutta l’officina, (roba da niente… soprattutto con 40°C fissi) siamo rimasti fino alla 01:30 circa in Box per preparare le moto per le prove libere e le qualifiche del giorno dopo. Prima di tornare al letto caldo, e per caldo intendo con collassi per il condizionatore fuori servizio, assistiamo ad una rapida ma efficace lezione sullo smontaggio e manutenzione del mono-ammortizzatore da competizione… Precarico, compressione, tempo di rilascio… Interessantissimo per uno come me che ha sempre voluto imparare il perchè e percome delle componenti di una moto, ma che non ha mai saputo da che parte iniziare.


La corsia Box di notte ha un non so chè di rilassante…
…tranne per i motorini che “sfrecciano” a far ricognizione della pista.

Così, stanco ma già molto felice, te ne puoi andare a dormire, ed impari inconsciamente una prima regola:
In un Team non esistono orari se la moto non è pronta ad uscire.
(e scommetto che qualche lettore esordirà con un “eh, grazie al c.”)


Dormire a 2 metri dal frigorifero può avere i suoi vantaggi.

Il giorno due, quello delle prove libere e prime qualifiche, e anche il terzo, quello di gara, procedono in modo liscio, tentando di filmare il meglio possibile (perchè faccio sia stage che test per il media service).
Nei momenti in cui la videocamera è nella fondina della mia cintura, ci si occupa di varie cose: termocoperte, pressione gomme, cambio gomme, misurazione corsa forcella, controllo livelli olio, acqua, tirare le viti e una rivisitazione del famoso mantra di Karate Kid Togli la benza, Metti la benza.

Alla fine delle gare si parte a manetta con lo smantellamento di officina e hospitality, ovviamente sempre con gli imprescindibili 40° all’ombra.

…Con la consapevolezza che questo era solo un antipasto di cosa significhi veramente far parte di un Team di moto non vedo l’ora del prossimo weekend di gara.

Perex, Motardica

 

View Comments (0)

Close Post

Il nostro rally

La premessa è quella di un racconto su come noi di Motardica abbiamo vissuto il nostro primo rally, non vogliamo farvi un resoconto della gara, ma farvi immedesimare in noi e farvi rivivere le nostre esperienze.
Tutto comincia con un giro nella bellissima Alghero, che per diversi giorni si trasforma in un grande paddock. Si respira subito un’aria internazionale. Siamo su un’isola molto semplice, con pochi mezzi pubblici per raggiungerla e per girarla, ma, nonostante ciò, sono giunti spettatori da svariate parti dell’Italia e del mondo, Spagna, Portogallo, Francia, Svezia, Finlandia, ecc.

Poi arrivano i giorni delle prove speciali. Noi cominciamo sabato con la SS15 ad Ardara; 38° previsti, partenza da Alghero per le 9.30 con arrivo previsto per le 10.30, per una prova che inizia intorno alle 12. Sicuri di noi ce la prendiamo con calma, ma una volta arrivati sul posto, scopriamo con dispiacere che la strada che porta alla pista, se così si può definire anche nel rally, è stata chiusa e che quindi ci aspettano diversi km a piedi sotto al sole per raggiungerla. Una volta arrivati cerchiamo la posizione ideale per poter fotografare, e con ulteriore dispiacere scopriamo che il percorso è tempestato di commissari e che non avremo possibilità di muoverci lungo di esso durante la competizione; facendo amicizia con alcuni di loro però, riusciamo ad effettuare qualche minimo spostamento. Evento di nota di questa prova speciale è il sasso lanciato da una WRC che ti colpisce passando a qualche centimetro dall’obiettivo della tua fotocamera. Dopo quasi due ore, la prova finisce e ci incamminiamo per tornare all’auto, che, vi ricordiamo, avevamo dovuto parcheggiare a diversi km di distanza. Questa camminata, seppur estenuante, ci ha dato un assaggio degli splendidi paesaggi che la Sardegna ha da offrire. Intorno alle 15 arriviamo distrutti ed assetati all’auto che è rimasta costantemente sotto al sole, vi lasciamo immaginare il disagio.
Ci mettiamo in viaggio per la nostra seconda tappa speranzosi che, almeno li, avremmo potuto parcheggiare più vicino alla prova; ma, una volta arrivati ad Alà dei Sardi c’è ad accoglierci un ingorgo di auto e persone dedite a lamentarsi con le autorità… ci aspettavano oltre 6km di camminata in salita per raggiungere i monti. Monti tappezzati di maestose e tecnologiche pale eoliche, che rendevano il paesaggio molto suggestivo. Durante la nostra camminata abbiamo cercato molte volte di rimediare un passaggio dalle auto che, chissà per quale motivo, avevano ottenuto la possibilità di salire nonostante non disponessero di un pass; inutile dirlo, sono stati tentativi inutili. Per fortuna la fatica dell’arrampicata veniva contrastata dai bellissimi paesaggi che il percorso ci offriva, ogni 5 passi ci si fermava per scattare una foto.
Forse per il karma che aveva fatto cilecca nella prova precedente, o chissà per quale altro motivo, anche questa prova è stata caratterizza da un sasso; questa volta la vittima è stata la gopro, che si è salvata grazie alla resistente cover (visibili i segni su di essa). Abbiamo in oltre avuto un assaggio degli spinosi rovi che dominano i campi sardi, inconsapevoli di quello che ci aspettava il giorno seguente. Finita anche questa prova speciale, stanchi e disidratati abbiamo disperatamente cercato qualche buon anima che ci portasse a valle, e dopo vari rifiuti, un gruppo di finlandesi (si suppone ausiliari di Latvala) si è offerto di darci un passaggio; in cambio noi, abbiamo dovuto consigliargli un ristorante di Alghero dove si potesse mangiare una buona bistecca.
Dubbiosi abbiamo deciso di recarci alla nostra ultima tappa del giorno, ed anche ci è stata sbarrata la strada. Ma questa volta, data anche la tarda ora e l’immettente inizio della prova speciale, abbiamo deciso di non camminare per altri 3km; siamo tornati ad Alghero, con l’intenzione di fare una passeggiata ai paddock durante la sera.

Dopo 5 ore scarse di sonno, ci alziamo all’alba per andare con largo anticipo alla prima prova speciale della domenica, così da poterci avvicinare il più possibile al percorso della prova… Indovinate?
Oltre alla strada chiusa, ci aspettava un’ulteriore e sgradevole sorpresa: l’accesso al percorso era chiuso! Tutto il pubblico è stato rilegato in un campo, utilizzato come deposito di tubi da una miniera. Delusi dai pochi spunti fotografici e pochi punti di ripresa che offriva la location, decidiamo di seguire solo il passaggio delle prime auto per poi incamminarci subito verso l’auto in proiezione della nostra ultima prova speciale. Ed è qua che comincia il bello. Non possiamo ovviamente tornare passando dalla strada fatta all’andata in quanto ci stanno correndo le WRC, quindi la nostra alternativa è quella di raggiungere la meta passando dai campi. Campi di rovi e piante con spine. Ci incamminiamo in mezzo agli aghi seguendo un “sentiero” formatosi dal passaggio della gente che era passata prima di noi; ma a noi non piacciono le cose semplici, quindi decidiamo di perderci. Un po’ preoccupati ci ritroviamo a scavalcare diverse reti con filo spinato; conoscendo l’ospitalità dei contadini sardi, decidiamo di darci una mossa non curandoci più delle spine che ci graffiavano le gambe. Fortunatamente, dopo mezz’ora di vagabondaggio, troviamo la strada percorsa all’andata e, con gli stinchi ed i calzini pieni di sangue, ci incamminiamo alla macchina.

Ci manca solo l’ultima prova, la Power Stage di Cala Flumini. Le aspettative sono altissime, una prova importante in un paesaggio molto suggestivo: una strada su delle colline che culminano con un netto dislivello sul mare. Ovviamente, anche per raggiungere questa prova, speravamo di non dover camminare molto. Stolti. Due colline, da salire e poi riscendere; una delle camminate più lunghe della nostra vita. Nonostante la lunghezza è stata una camminata molto semplice, la nostra mente era distratta da quel luogo mozzafiato che stavamo per raggiungere.
Questa volta la prova speciale è filata liscia, nessun sasso e una bellissima location dalla quale godersi il passaggio delle auto; certo, abbiamo mangiato moltissima terra, ma fa parte del gioco.
Dopo un’ora decidiamo di andarcene così da poter tornare ad Alghero per assistere alle premiazioni. Ovviamente, stesso problema del mattino, non potevamo tornare alla macchina passando dalla “strada principale”; quindi siamo scesi da una collina passando per i soliti campi pieni di rovi e spine, il problema è che in questi campi la densità dei rovi era doppia. Durante la nostra agopuntura abbiamo avuto, però, la fortuna di incontrare due docili e simpatici bovini selvatici, anche se il fatto che avessero le corna ha fatto scappare uno di noi.
Sulla camminata del ritorno, una volta tornati sulla strada asfaltata, abbiamo, per gioco, tentato di fare l’autostop alle auto WRC che avevano finito la prova speciale ed erano in trasferimento verso Alghero, rimediando qualche saluto dai piloti.
Purtroppo non abbiamo fatto in tempo ad arrivare ad Alghero per il podio e, con grande rammarico, ci siamo persi il tradizionale tuffo in acqua; ci siamo però consolati facendo anche noi un bel tuffo in mare godendoci un po’ di meritato riposo.

Mirko, Motardica

*In questo articolo abbiamo nominato frequentemente i suggestivi e bellissimi paesaggi che l’entroterra sardo ci regalava; se volete quindi immedesimarvi, ancora di più, nelle nostre camminate e vedere tutti i fantastici luoghi che ci hanno accompagnato, troverete tutte le foto sulla nostra pagina Facebook The Whiskey Studio

 

View Comments (0)

Close Post